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Patto successorio: la tassazione della rendita vitalizia

10 Gennaio 2022 in Notizie Fiscali

L'Istante dichiara di essere residente in Italia e di percepire dal 2012 una rendita vitalizia costituita mediante un accordo sottoscritto in territorio elvetico, definito " patto successorio", nel quale è intervenuta in qualità di futura erede. 

La Contribuente precisa che tale accordo, sottoscritto con il nonno paterno residente all'estero, prevede a suo favore l'erogazione di una rendita vitalizia a fronte della rinuncia ad ogni diritto successorio una volta verificatosi il decesso della controparte. 

In sostanza, in base all'accordo l'Istante, in sostituzione della propria quota su tutti i beni/diritti che saranno oggetto di successione, percepisce e percepirà una rendita vitalizia erogata, senza dover attendere l'evento decesso. 

La rendita vitalizia si concretizza nella erogazione di un importo annuale da corrispondere con pagamenti mensili, e sono previsti due versamenti aggiuntivi "una tantum " da corrispondere rispettivamente entro 12 e 24 mesi dal decesso del prestatore. 

L'Istante chiede quale sia il trattamento fiscale applicabile alla prospettata rendita vitalizia ai fini delle imposte dirette e indirette.

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Patto successorio: la tassazione della rendita vitalizia

Le Entrate con Risposta a interpello n 841 del 21 dicembre innanzitutto chiariscono la norma civilistica del patto successorio.

In particolare, il "patto successorio" oggetto del quesito prevede che, a fronte della rendita percepita e degli ulteriori versamenti che saranno erogati una tantum, l'Istante rinunci ad ogni diritto successorio esercitabile al verificarsi del decesso del nonno paterno. 

Nella sostanza il "patto successorio" realizza comunque il trasferimento di diritti aventi contenuto patrimoniale in cambio della corresponsione di una rendita vitalizia e di due versamenti aggiuntivi da corrispondere una tantum all'Istante entro.

In ambito civilistico, le somme percepite dalla contribuente sono riconducibili al contratto di rendita vitalizia, disciplinato dagli articoli 1872 e seguenti del codice civile. 

Attraverso il contratto di rendita vitalizia un soggetto cd. vitaliziante (debitore della rendita), a titolo oneroso, in corrispettivo dell'alienazione di un bene mobile o immobile o mediante cessione di capitale, o a titolo gratuito, si obbliga ad effettuare una determinata prestazione periodica a favore di un altro soggetto cd. vitaliziato (creditore della rendita) per tutta la durata della vita del beneficiario o di altra persona. 

Per effetto del contratto con cui è costituita la rendita nei confronti del vitaliziante sorgerà solo l'obbligo di effettuare le prestazioni periodiche. 

Ciò posto, ai fini delle imposte dirette, le somme in questione sono riconducibili ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ai sensi dell'articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi, TUIR, in base al quale «Sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente: … h) le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato costituite a titolo oneroso diverse da quelle aventi funzione previdenziale. Le rendite aventi funzione previdenziale sono quelle derivanti da contratti di assicurazione sulla vita stipulati con imprese autorizzate dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP) ad operare nel territorio dello Stato, o quivi operanti in regime di stabilimento o di prestazione di servizi, che non consentano il riscatto della rendita successivamente all'inizio dell'erogazione». 

Nel caso di specie il negozio giuridico definito "patto successorio" ha natura onerosa, in quanto le somme corrisposte all'Istante si configurano quale prestazione corrispettiva rispetto alla rinuncia all'eredità che, ovviamente, in quanto economicamente apprezzabile costituisce un atto a contenuto patrimoniale. 

Infatti, sulla base di quanto rappresentato nell'istanza, in assenza della controprestazione rappresentata dalla rinuncia all'eredità, non verrebbe erogata alcuna prestazione pecuniaria. 

L'onerosità del negozio giuridico oggetto del quesito in esame è confermata dal contenuto del citato "patto successorio"  che espressamente stabilisce che la rinuncia all'eredità formulata dalla contribuente «viene fatta a titolo oneroso». 

Pertanto, le somme corrisposte all'Istante in base al "patto successorio", quale corrispettivo per la rinuncia alla eredità del nonno paterno, concorrono a formare il reddito complessivo nel periodo d'imposta in cui sono percepiti, quale reddito assimilato a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera h) del TUIR. 

Sotto il profilo della normativa convenzionale, si fa presente che le somme in esame ricadono nell'ambito applicativo dell'articolo 21, paragrafo 1, della Convenzione tra l'Italia e la Svizzera per evitare le doppie imposizioni, ratificata con legge 23 dicembre 1978, n. 943, con conseguente assoggettamento ad imposizione esclusiva in Italia, Stato di residenza della beneficiaria. 

Ai fini dell'imposizione indiretta, si osserva che il contratto successorio sottoscritto tra l'Istante e suo nonno è un "patto successorio" rinunciativo bilaterale, regolato dal codice civile svizzero, mediante il quale l'erede rinuncia ai suoi diritti successori futuri in cambio di una controprestazione in suo favore. 

A parere della Agenzia tale contratto non configura una liberalità, come sostenuto dall'Istante, piuttosto produce effetti obbligatori e contiene prestazioni a contenuto patrimoniale. 

Dunque, all'atto in esame non trova applicazione l'imposta sulle successioni e donazione per carenza del presupposto impositivo di cui all'articolo 1, comma 1 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.

Sotto il profilo della tassazione registro, occorre fare riferimento alle previsioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (TUR). 

L'articolo 20 del TUR, rubricato "Interpretazione degli atti", detta le regole da applicare per la corretta tassazione degli atti presentati per la registrazione e prevede che "L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi". 

Nel caso di atti formati all'estero, l'articolo 2, lettera d) del TUR, prevede che sono soggetti a registrazione:

"d) gli atti formati all'estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l'affitto di tali beni"

Pertanto, l'atto in oggetto, formato all'estero, non è soggetto ad obbligo di registrazione ai fini dell'imposta di registro. 

Al riguardo, occorre, però, rilevare che l'articolo 11 della Tariffa, Parte Seconda, allegata al TUR, che individua gli atti formati all'estero soggetti a registrazione solo in caso d'uso, prevede, per gli "Atti formati all'estero diversi da quelli indicati alla lettera d) dell'art. 2 del Testo Unico: a) che se formati nello Stato sarebbero soggetti all'imposta fissa ai sensi dell'art. 40 del testo unico in ogni altro caso, le stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti formati nello Stato".

Conseguentemente, qualora dovesse verificarsi il caso d'uso, l'atto oggetto del quesito andrà registrato con l'applicazione dell'imposta secondo le disposizioni del TUR.

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